La Nota
di Massimo Franco
Il sospetto è intrigante. Il partito di Giorgia Meloni comincia a pensare che Matteo Salvini e Silvio Berlusconi giochino a perdere alle prossime Amministrative per frenare l’ascesa di Fratelli d’Italia. L’ipotesi è tutta da dimostrare, quando evoca un complotto per tagliare fuori una destra in crescita e la sua leader. Fotografa, però, una tensione e una conflittualità che si riflettono sulle trattative con Lega e Forza Italia per Milano, Roma, Napoli. Il fatto che dopo settimane di gelo e un vertice inconcludente manchi un accordo, è indicativo. Meloni ha indicato come scadenza martedì prossimo, ma gli alleati le hanno risposto che si prenderanno tutto il tempo che serve. E sullo sfondo rispunta, sebbene inverosimile, il fantasma di una rottura. In realtà, quanto avviene segnala soprattutto l’incapacità di selezionare una classe dirigente nuova: problema comune a tutti partiti, a corto di candidati adeguati. La novità è che il centrodestra mostra questa inadeguatezza comunque, e per quanto sia dato potenzialmente vincente. È la certificazione di un autolesionismo difficile da spiegare solo con la competizione per la leadership tra Salvini e Meloni. Né lo sgretolamento progressivo del berlusconismo né il ruolo di opposizione di Fratelli d’Italia bastano a legittimare percorsi così divergenti. Piuttosto verrebbe da dire che, senza volerlo, sono proprio le due maggiori forze del centrodestra a candidarsi alla sconfitta. Il loro schieramento cresce numericamente ma si sfalda politicamente, perché appare tuttora esitante a utilizzare la stagione del governo di Mario Draghi per cambiare pelle, referenti, identità. La litigiosità sui candidati e la prospettiva di accordi al ribasso sottolineano l’assenza di qualunque capacità di sintesi e di visione comune. Mostrano l’assenza di un ricambio in nomenklature che sono lo specchio di una classe politica in affanno quando deve uscire dal recinto di vecchi steccati e di comuni e regioni, e affacciarsi sulla scena nazionale e ancora di più internazionale. Esprimono apparati e cordate locali, che si contendono lo stesso elettorato senza tuttavia riuscire a parlare al resto del Paese. È un limite che la sinistra paga da anni, tanto da avere regalato consensi consistenti al Movimento Cinque Stelle e alla Lega. Il centrodestra in apparenza non corre questo rischio. Ma ne corre un altro. Lo scontro interno e il timore o l’impossibilità di passare da un euroscetticismo culturale, prima che politico, a un’adesione convinta ai valori delle istituzioni europee, rappresenta un’incognita perfino più insidiosa. Se l’accordo tra Salvini e Meloni si giocherà su parole d’ordine e schemi passatisti, potrà farli vincere ma non governare: né nelle città, né a Palazzo Chigi né, soprattutto, in Europa, cuore esterno e sempre più strategico anche della politica italiana.