Il ruggito di Amazon

Amazon divora MGM e costruisce un regno hollywoodiano, da divano. L’immaginario digitale ci sottrae l’immaginazione. Ecco cosa c’entra Jeff Bezos con la leggenda dei Sette Dormienti di Efeso

Era piccolo, spigoloso, braccia come fibre di rame, magrissimo. Gli piaceva la maratona, sport di tenacia, che dona un mantra ai muscoli. L’altra passione era il cinema: fino a qualche mese fa aveva l’ultima videoteca della riviera, a Cattolica. Era una specie di riserva indiana: possedeva un archivio di film strampalati, li conosceva tutti, dote di una memoria mistica. Gli dicevi, chessò: Roulette cinese. E lui: Rainer Fassbinder, 1976, dovrei averlo da qualche parte. Cassetti borghesiani adornavano le segrete della videoteca; sotto teche di plastica conservava pile di ciddì. Perché non ti vedi anche Sinfonia nuziale di Erich von Stroheim?, attaccava, raccontando storie catastrofiche di antichi titani di Hollywood. Il Covid, infine, ha fatto fuori il suo negozio: chi è che noleggia ancora dvd? Chissà che fine ha fatto lui, si allenava per qualche gara estrema, in un deserto sotto l’equatore. Il suo nome resta un tabù.

La notizia che Amazon ha acquisito la MGM per 8,4 miliardi di dollari si presta a diverse interpretazioni. La prima è metaforica: il leone ruggente annega nel rio delle Amazzoni. La MGM ha fatto la storia del cinema hollywoodiano: ha prodotto capolavori come Ben Hur e 2001: Odissea nello spazio, polpettoni come Il Re dei ReIl dottor Zivago, il ciclo di 007, e via così, fino a Thelma & Louise. La casa di produzione, nata un secolo fa, nel 1924, ha cambiato diversi proprietari, ha attraversato svariate crisi, è il mercato baby, mai motto – Ars gratia artis – fu più fasullo, il leone si è addormentato, paura più non fa. Ciò che sorprende, piuttosto – e di cui l’acquisto della MGM da parte di Amazon è emblema – è il cambio di visione del visivo. Insomma: il cinema da luogo naturale è diventato spazio occasionale, secondario, ‘alternativo’. I film si acquistano – come tutto il resto – da casa e a casa si vedono: l’ipotesi è quella di una dorata clausura permanente. Al cinema, in effetti, ci si andava – come a teatro – adempiendo un rito: si sceglie, ci si veste, ci si muove, c’è un orario da rispettare. Anche affittare un dvd prevedeva un rapporto umano con il negoziante. Va da sé che lo spazio – televisione vs. grande schermo – determina il prodotto, quanto il numero: il cinema è una sala che si auspica piena di gente, lo schermo casalingo è per pochi, per amici e accoliti, forse per uno soltanto. Il rischio di un incontro imprevisto, umano, è scongiurato.

Un vasto articolo pubblicato da “El País” a firma di Luis Pablo Beauregard, “Le piattaforme digitali divorano la vecchia Hollywood”, parla di “un cambio di paradigma nell’industria cinematografica, accelerato dalla pandemia, che ha provocato la chiusura di molte sale, aumentando il consumo di offerte digitali”. In particolare, scrive il giornalista:

“La pandemia ha trasformato le abitudini del consumo televisivo. Secondo i dati di Convivia, una società di ricerca con sede in California, il consumo di contenuti cinematografici su piattaforme digitali è aumentato in tutto il mondo del 44% negli ultimi tre mesi del 2020 rispetto al medesimo periodo del 2019. Forti di questi dati, i big player del digitale hanno dato inizio a quella che un analista di Wall Street ha definito ‘corsa agli armamenti’ per impadronirsi degli arsenali cinematografici più forti, immensi archivi che renderanno l’offerta di contenuti più appetibile per gli abbonati”.

Tutto buono, al di là della bulimia dell’offerta: il dominio dell’immaginario ci ha tolto gli ultimi residui di immaginazione. Ciò che non va dimenticato è che comprare un immane archivio cinematografico significa, ad esempio, scegliere cosa far vedere e cosa no; si compra, per lo più, per nascondere. Se poi è vero che Amazon si appresta ad entrare nel business farmaceutico aprendo una catena di farmacie negli Usa – d’altronde, Amazon Pharmacy esiste dal novembre del 2020 – e che attraverso Blue Origin si farà turismo nello spazio, il cerchio, la sfera gnostica, è concluso. La casa è una specie di navicella in un luogo sempre più alieno, la Terra; tutto si compra e nulla si coltiva; la vita si vive in differita, indifesi, attraverso lo schermo, dove, tuttavia, più che vedere siamo visti, vigilati, sotto stretta sorveglianza. La salute è necessaria per tenere in vita, continuamente, il consumo. Da questo sistema gnostico ciò che manca è la carne, il contatto con le cose, la responsabilità dei corpi, la relazione non digitale; più che passeggiare lungo un sentiero, preferiscono involarsi nello spazio, nel cosmo anonimo, oscuro fino al pallore, nitido per atrocità. Ideali coloni di un mondo utopico, da laboratorio, dacché questo, tormentato da mirabili insetti, liquami, superbe lordure, bestie arcane, umani, è inafferrabile, inesauribile per orrore. In effetti, Jeff Bezos ha una faccia ‘marziana’, incredibilmente pulita, il visionario ci vede tutti dipendenti: succubi del lavoro, del consumo, della pervasione del visivo. Provate a scrivere una poesia: riuscite ancora a districare, dal chiasso, un ritmo soltanto vostro, un verbo che non sia servo?, riuscite a generare ancora miti?, credete, ancora, che solo l’insensato abbia senso?

Mi viene in mente la storia dei Sette Dormienti di Efeso, tra le più lunatiche nel martirologio. La storia narra che sotto l’imperatore Decio, intorno al 250, a Efeso, furono “edificati templi perché tutti si unissero a lui per sacrificare agli dei”. La strategia non è rituale ma assassina: “Fece cercare tutti i cristiani e li fece mettere in catene, obbligandoli a scegliere se sacrificare agli dei o morire: tale era il terrore che l’amico rinnegava l’amico, il padre il figlio e il figlio il padre”. Sette cristiani di Efeso, appunto – Massimiano, Malco, Marciano, Dionisio, Giovanni, Serapione, Costantino – si ritirano sui monti, dopo aver distribuito i propri averi ai poveri, per dedicarsi a Dio. Nascosti in una grotta del monte Celion, sono murati vivi dagli scherani dell’imperatore. Certi della morte, i sette si addormentano: si risvegliano nel 371, quando alcuni operai sfondano il muro della grotta. Hanno dormito per oltre un secolo: il mondo, dominato dall’imperatore Teodosio, ha ormai accettato il cristianesimo. L’attesa è stata ripagata, i sette sono segno vivente della resurrezione dei corpi e della vittoria di Cristo contro i pagani; moriranno il giorno stesso del loro risveglio.

La leggenda è tanto stupefacente che appare anche in una sura del Corano, Al-Khaf, la XVIII. “Avresti creduto che fossero svegli e invece dormivano… Facemmo sì che fossero scoperti, affinché si sapesse che la promessa di Allah è verità e che non c’è dubbio alcuno a proposito dell’Ora”. Secondo il Corano, i dormienti “restarono trecento anni nella loro caverna, e ne aggiungono altri nove” (trecento anni i dormienti nella grotta, tre giorni Gesù nel sepolcro). Sul numero di dormienti è l’enigma (pari al senso che soggiace agli attributi di Dio): tre, cinque, sette… “Il mio Signore meglio conosce il loro numero”; insieme agli eletti nel sonno, c’è anche un cane, scorta onirica. Ciò che accade in quell’utero di pietra, è l’opposto di quanto capita nel “mito della caverna” narrato da Platone. La caverna è uno spazio alieno alla storia; il sonno è il lato puro dell’adorazione. La caverna – come il sepolcro – non è il regno delle ombre, delle parvenze, ma la culla della luce. Ci si risveglia al mondo, per morirne: perfetto è stato il nettare, appena sotto le pupille, dell’altro mondo, autentico. Dei dormienti, come se fosse una via, si fa memoria: “Costruite su di loro un santuario”, è scritto nel Corano. La storia, credo, ha in sé un insegnamento profondo sul senso del tempo e del suo corso.

Non è secondario ricordare che proprio agli Efesini Paolo si dice “il prigioniero di Cristo” e scrive della lotta contro le tenebre (“Rivestitevi della completa armatura di Dio… il nostro combattimento non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro gli spiriti del male”). A loro modo i dormienti, prigionieri della grotta, lottano contro le tenebre. Che la caverna sia figura del cinema è cliché fin troppo domestico; Eraclito, l’oscuro pensatore di Efeso, insegna che “Morte è quanto vediamo da svegli; sogno, quanto vediamo dormendo” e che “La trama nascosta è più forte di quella manifesta”. Affinché accada una storia, è necessario il buio, l’altro lato del fuoco. I dormienti, tuttavia, non sono sognatori: nulla ci è rivelato del loro sognare. Forse chi è nella perfezione non sogna, chi adora è slegato da lacci onirici. Più che spegnere il televisore, dunque, chiudiamo gli occhi.

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