di Pierluigi Battista
Intanto, nel silenzio internazionale, Bashar Assad sta portando a termine la sua missione: lo sterminio del popolo siriano. Lo documenta Lorenzo Cremonesi sul nostro giornale: in Siria è in corso una mattanza infinita, mentre l’attenzione del mondo è concentrata sui crimini dell’Isis. Non è la prima volta che l’Occidente, l’Europa, le democrazie assistono impotenti alle stragi e ai massacri che i tiranni consumano nella devastazione dei più elementari diritti umani. Ciò che è nuovo è l’imperativo del silenzio, l’obbligo strategico di tacere sulle nefandezze di Assad, l’accondiscendenza verso un nostro «alleato». O comunque un bastione necessario per arginare le malefatte del fanatismo jihadista.
Anche in passato, per la verità, la teoria del «male minore» alimentò alleanze con i peggiori dittatori, con i fondamentalisti, con i nemici dei nostri nemici. O meglio con quelli che, in un particolare momento, apparivano, come i nemici di chi sembrava, ed era, il nemico principale. E così l’Occidente appoggiò i talebani in funzione antisovietica. E così stabilì un asse con Saddam Hussein per contrastare i guerrieri dell’ayatollah Khomeini. Oggi l’Occidente, l’Europa, gli Stati Uniti, le democrazie compiono un passo di più. Dimenticano completamente l’uso acclarato delle armi chimiche da parte di Assad, Aleppo rasa al suolo, la carneficina dei civili, i migliaia e migliaia di bambini morti sotto le bombe, per la fame, uccisi dagli squadroni del terrore del regime, perché ora Assad ci «serve».
Il dramma è tutto in questo collasso dell’attenzione internazionale per la difesa dei diritti umani. Rimpiangiamo Gheddafi perché, anche se con uso terroristico del potere, «stabilizzava» l’area. Facciamo finta di non vedere i crimini di Assad per non indebolire il fronte anti Isis. Nell’agosto del 2013 Obama stava addirittura per invocare l’intervento armato contro il regime di Damasco che aveva usato le armi chimiche per massacrare il popolo siriano. Sembra passato un secolo.
L’ondivaga, ambigua, zigzagante politica americana, con il silenzio impotente dell’Europa che non riesce a costruire nemmeno un abbozzo di politica estera comune e credibile, ha finito per dissolvere ogni coerenza di intervento.
Se Assad «serve», bisogna che il compimento del massacro del popolo siriano avvenga senza nemmeno una protesta verbale. Se per danneggiare l’espansionismo dell’Isis, bisogna chiudere un accordo al ribasso con gli «alleati» dell’Iran, allora bisogna far finta di non vedere che a Teheran si inneggia all’Olocausto per colpire «l’entità sionista».
Ma se la politica internazionale ha le sue durezze, se il realismo richiede anche una buona dose di cinismo, non è neanche possibile che l’opinione pubblica sia tenuta all’oscuro di ciò che sta accadendo in Siria mentre tutti, tutti, giriamo la testa dall’altra parte.
La carneficina del popolo siriano non è cessata solo perché magicamente, non occupandocene più, pensiamo che sia finita. Oppure ci pensiamo solo quando arrivano i barconi di famiglie intere che scappano dalla Siria e che rischiano la morte in mare, l’ecatombe nel Mediterraneo, per scappare dagli orrori di laggiù. I nostri «alleati» occasionali intan