Domani da Pandolfini andrà all’incanto il capolavoro del maestro aretino Tra i lotti in vendita anche un piccolo olio su cartone di Canaletto
di Elisabetta Berti
Nel 1541 Giorgio Vasari realizzò per Ottaviano de’ Medici un quadro che voleva celebrare la vittoria dello spirito e della preghiera contro le tentazioni e i piaceri dei sensi. Un tema perfettamente in linea con il nuovo clima religioso post Concilio di Trento che il Vasari svolse con Le tentazioni di San Girolamo, una grande tavola nella quale il santo in penitenza e in adorazione del Crocifisso volge le spalle a Venere, figura simbolo delle lusinghe terrene che il Vasari aveva già dipinto per lo stesso committente a partire da cartoni di Michelangelo. Fu un successo: il soggetto, colto e sofisticato, piacque talmente che il Vasari lo replicò successivamente più volte, per Tommaso Cambi, mercante fiorentino amico e committente dell’artista aretino, e per il vescovo di Pavia, Rosso di San Secondo, mentre l’originale confluì nella collezione di don Lorenzo de’ Medici alla villa Petraia e oggi conservata alla Galleria Palatina di Palazzo Pitti. Ed è la più simile a quest’ultima tra tutte le repliche ad essere battuta all’asta domani dalla casa d’aste Pandolfini, a palazzo Ramirez Montalvo; un capolavoro destinato ad un collezionismo preparato a cui guarda l’intera proposta di Pandolfini, che nello stesso giorno metterà all’incanto anche un nucleo di arredi, oggetti d’arte e sculture, oltre a numerosi dipinti antichi e del 19esimo secolo. Tra tutti spicca Canaletto, un piccolo olio su cartone esposto prima d’oggi solo alla mostra veneziana del 2001, che rappresenta il Canal grande visto da San Gregorio verso la Carità, uno scorcio di un’architettura minore che è un vero e proprio studio di ombre e di luci, privo dei motivi monumentali che erano tipici delle pitture tanto amate dai viaggiatori del Grand Tour. L’opera, valutata tra gli 80 e i 12mila euro, ha fatto parte anche della raccolta di Italico Brass. Altrettanto importante il dossale tardo- gotico a tempera e oro su tavola, raffigurante la Madonna dell’umiltà attribuito a Jacopo da Verona, erede del tardo-giottismo padovano di Altichiero, mentre il Quattrocento è presente con una Madonna col bambino firmata dal più giovane dei Vivarini. Al primo Cinquecento piemontese appartiene il Re Salomone di Defendente Ferrari, una tempera su tavola facente parte di un polittico ancora da ricostruire ma a cui appartiene senza dubbio il Re David entrato nel 2010 alla Galleria Sabauda di Torino, mentre viene da Roma il Ratto di Elena di Bartolomeo di David, collega di Sodoma e Beccafumi. Ancora del Cinquecento il bozzetto a olio di Giovanni Balducci detto il Cosci, studio preparatorio per una delle Storie di Sant’Antonino dipinte ad affresco nel chiostro grande di Santa Maria Novella; e l’Andata al Calvario di Scipione Pulzone, realizzato nel 1583 per il cardinal Ferdinando de’ Medici che la conservò nella sua collezione romana di villa Medici. Ed il XVI secolo è protagonista anche della proposta della sezione mobili, arredi e oggetti d’arte, con un fiaschetta per polvere in acciaio, un piccolo forziere in ferro decorato a grottesche e un’alzata circolare di rame smaltato di area veneziana.