Rivolta nella Lega, critiche e fuga di eletti “Ora la svolta moderata”
Terremoto dopo la sconfitta, nel mirino la linea politica. Dietro allo scontro il duello per la leadership tra Salvini e Zaia
di Ernesto Ferrara
Terremoto Lega. Dopo l’addio di due consiglieri comunali a Figline Valdarno e l’espulsione di un altro a Collesalvetti la crepa si allarga: due dei tre eletti leghisti di Signa sono pronti a mollare il partito nel Consiglio comunale di oggi per transitare al gruppo misto e lo stesso ha già fatto a Pontassieve un altro esponente del Carroccio. Rivolta anche a Prato e Siena tra i consiglieri leghisti che sono addirittura stati convocati due sere fa “a processo” dal Consiglio toscano che si riuniva nella sede regionale di Sesto per l’analisi del voto regionale: motivo, le critiche avanzate ai vertici regionali durante la campagna elettorale. E non è escluso che alcuni tra questi dissidenti vengano ora espulsi. Come pure alcuni fiorentini.
E non è nemmeno tutto. Perché i segnali del malessere nella base del Carroccio stanno diventando sempre più evidenti anche a Firenze, epicentro del flop salvinano delle regionali: malumori e voci di addii si susseguono da giorni nelle chat interne arrivando a coinvolgere un manipolo di consiglieri di quartiere e anche rappresentanti del Carroccio in Palazzo Vecchio, contrariati per il risultato scadente fatto in città dalla Lega. Gli strascichi della guerra sulle liste regionali e la sconfitta di Cascina hanno spinto i commissari provinciali di Lucca Recaldin e di Pisa Gabriellini a dimettersi. Sullo sfondo i congressi provinciali, che partiranno prima di fine anno e poi quello regionale, che potrebbe tenersi l’anno prossimo, si annunciano tesi: la candidata governatrice sconfitta Susanna Ceccardi al grido «non mollo » , sebbene non più difesa a spada tratta nemmeno dai sindaci leghisti come Conti di Pisa, ha deciso di non cedere la presa sul partito e potrebbe spingere in campo il suo compagno Andrea Barabotti ma il senatore Manuel Vescovi, ex leader regionale legatissimo a Zaia e Giorgetti, con lo slogan « state con chi costruisce e non con chi distrugge » progetta il gran ritorno. I vescoviani dicono: «La Lega non è una famiglia ma una comunità » . E chissà se la Toscana non si trovi ad essere tra qualche tempo persino terreno di scontro sulla leadership nazionale.
Difficile immaginare un dopo- regionali più tormentato, per la Lega toscana. Ha fatto bene o male Ceccardi? Il suo 40% fa certo effetto ma i 9 punti da Giani hanno lasciato il segno. Lei e i suoi attaccano gli «strateghi del giorno dopo » ma non è un’analisi che basta a placare un disagio ideale oltre che tattico: « A livello nazionale discutiamo di una svolta moderata anche nella collocazione europea. C’è l’idea di uno scatto. Qui ci viene detto che non abbiamo sbagliato nulla e che si deve andare avanti. Ma se andiamo avanti così il Pd si riprende tutto e pian piano perdiamo anche i Comuni che abbiamo vinto», ragiona pure un dirigente leghista di rango. Del resto i segnali sono allarmanti: dopo il fuggi fuggi a Figline anche a Pontassieve e Signa sono in corso traslochi dal Carroccio al gruppo misto. Lo stesso potrebbe avvenire a Firenze nei prossimi giorni. « In 120 Comuni abbiamo vinto. Ora partiamo nel consolidare il movimento con una base più solida di voti locali e non solo ideologici come quelli delle Europee. Da dicembre congressi di sezione e a febbraio provinciali e di seguito il regionale » è la linea che il commissario regionale Daniele Belotti porta alla riunione redde- rationem di due sere fa. Ragionamento ritenuto autoassolutorio da tanti presenti, tra cui a sorpresa non sono comparsi i sindaci leghisti che invece erano stati esibiti sul palco del finale di campagna elettorale. Intanto Massimo Mallegni, commissario regionale di Forza Italia, avverte Lega e Fratelli d’Italia per le cariche del Consiglio che spettano alle opposizioni: « Purtroppo il risultato elettorale non ci ha sorriso ma non possiamo sicuramente tradire le aspettative di chi ci ha votato, oltre il 40% degli elettori. Speriamo di trovare le giuste intese con gli alleati in modo da poter lavorare bene per i prossimi cinque anni».