Ministro Gualtieri, il Cigno Nero del coronavirus per noi è un disastro. Già eravamo in stagnazione, ora finiremo in recessione. Il Ref stima tra i 9 e i 27 miliardi di minor crescita…
«Per fare previsioni affidabili servono dati che ancora no sono disponibili, ma un impatto ci sarà, lo sappiamo e ce lo aspettiamo in questo primo trimestre. Per fortuna le condizioni della nostra finanza pubblica sono molto buone: domani l’Istat annuncerà i dati del deficit 2019; secondo le nostre stime chiuderemo tra l’1,6 e l’1,7% del Pil, contro il 2,2 previsto dalla Nadef. Purtroppo con il coronavirus lo scenario cambia: gli effetti economici dell’epidemia ci impongono un salto di qualità, una risposta più forte rispetto a quella che abbiamo avviato con la manovra varata a dicembre».
Qual è questa “risposta più forte”?
«La nostra strategia si sviluppa in tre fasi. La prima fase è il decreto varato venerdì scorso e dedicato prevalentemente agli 11 comuni colpiti dal virus: sospensione dei mutui e degli adempimenti fiscali e contributivi, Cig per i lavoratori e aiuti da 1500 euro per le partite Iva, sostegno all’export e aumento del fondi di garanzia per le imprese. Circa 900 milioni già disponibili, per i quali non c’è bisogno di ricorrere a stanziamenti straordinari…».
Salvini vi ha già bocciato: acqua fresca. Ha torto?
«Non accetto polemiche del genere: evidentemente Salvini ignora le procedure costituzionali che richiedono un passaggio parlamentare per modificare i saldi di bilancio».
Ma le risorse restano ancora poche. Il Giappone ha annunciato una terapia anti-virus pari a 2,3 miliardi di euro…
«Per questo noi abbiamo già pronta la fase due. Entro venerdì prossimo vareremo un decreto legge per il sostegno dell’economia per tutti i territori e i settori colpiti, in tutto il territorio nazionale. Sarà un pacchetto di risorse aggiuntive e straordinarie da 3,6 miliardi, pari allo 0,2% del Pil. Conterrà interventi a tutti i livelli, che concorderemo nei prossimi giorni con le parti sociali, le associazioni di categoria e gli enti locali. Abbiamo in mente diverse ipotesi. Dal credito d’imposta per le aziende che abbiano subito un calo del fatturato superiore al 25%, come si è fatto per il terremoto, a riduzioni delle tasse. Dal contributo aggiuntivo per i fabbisogni operativi del servizio sanitario nazionale alla Cassa integrazione in deroga. Nessuno dovrà restare senza cure o perdere il lavoro per il coronavirus».
Questi 3,6 miliardi dove li prenderete? Sarà più spesa in deficit, che chiederete alla Commissione Ue in termini di maggiore flessibilità di bilancio?
«Sono stanziamenti aggiuntivi, per i quali chiederemo l’autorizzazione al Parlamento italiano nel rispetto dell’articolo 81 della Costituzione e che sono compatibili con la flessibilità prevista dalle regole del Patto di stabilità, visto che siamo in presenza di “circostanze eccezionali” oggettive».
Lei è sicuro che Bruxelles ci darà altri 3,6 miliardi di flessibilità, con il debito pubblico che abbiamo?
«È una cifra coerente e sostenibile, calcolata con criteri oggettivi e commisurata ad esigenze reali. Non ho ragione di temere che Bruxelles possa contestare la nostra richiesta».
Ministro, ma di fronte a una crisi di questa portata, con un crollo del 40% nel turismo e nell’agroalimentare, del 30% nell’automotive e del 20% nella moda, pensiamo davvero di cavarcela con 3,6 miliardi?
«Intanto, faccio sommessamente notare che se sommiamo i 900 milioni del decreto già varato e i 3,6 miliardi di quello che vareremo la settimana prossima, raggiungiamo un pacchetto complessivo da 4,5 miliardi. Mi sembra una a cifra di tutto rispetto per questa fase. Sono fiducioso che la crisi sanitaria possa essere circoscritta e superata in tempi brevi. Ma voglio tranquillizzare gli italiani: abbiamo ben chiari i problemi e i pericoli. Se la crisi dovesse risultare più pronunciata e più prolungata, siamo pronti alla fase tre, che deve avere necessariamente una dimensione europea».
Che vuol dire fase tre, in concreto?
«Spero che non sia necessario, ma dobbiamo pensare a misure eccezionali coordinate a livello comunitario e non più di singoli Paesi».
Qualcuno ipotizza un Ecofin straordinario. Lo farete?
«Faremo qualcosa di simile. Ieri ho avuto colloqui incrociati con il presidente dell’Eurogruppo Centeno, con il commissario Gentiloni e con i miei colleghi Olaf Scholz per la Germania e Bruno Le Maire per la Francia. Abbiamo concordato una teleconferenza per metà settimana, preparatoria per i lavori dell’Eurogruppo del prossimo 16 marzo. In quella sede l’Unione dovrà cominciare a impostare la sua azione e predisporre, se necessario, eventuali stimoli più incisivi e strutturali di politica fiscale, cioè riduzioni d’imposta e maggiori spese pubbliche, ovviamente in una cornice coordinata».
Sta dicendo che la Ue potrebbe rivedere o sospendere le regole del Trattato di Maastricht, dal Patto di Stabilità al Fiscal Compact?
«Sto dicendo che l’Italia e gli altri Paesi europei, di fronte a questa emergenza, dovranno poter agire in modo adeguato e proporzionato all’evoluzione del quadro economico e spendere ciò che è utile e necessario. Ma dovremo anche sostenere la ricostruzione delle catene globali del valore e affrontare il tema della nostra eccessiva dipendenza da Paesi terzi in alcune di esse, come ad esempio quella delle batterie. Dunque, all’Eurogruppo discuteremo di tutto, senza totem né tabù. Avendo ben presente che, se lo scenario peggiorasse, il tema non sarebbe più, banalmente, concedere maggiore flessibilità all’Italia. L’Europa non deve ripetere errori del passato. E sono convinto che stavolta non lo farà».
Ministro Gualtieri, parliamoci chiaro: l’Italia faticava già prima del coronavirus, a questo punto il famoso “piano per la crescita” di cui si favoleggiava tanto ce lo possiamo dimenticare…
«Assolutamente no. Possiamo definirlo la fase quattro dell’emergenza, e semmai adesso diventa ancora più irrinunciabile. I 10 miliardi di investimenti aggiuntivi per il Green New Deal, il sostegno all’innovazione nelle filiere produttive strategiche, la banda extra-larga, la messa in sicurezza del territorio, l’efficientamento energetico delle scuole, i nuovi asili nido sono già a disposizione. Faremo la riforma fiscale, dalle rimodulazioni dell’Irpef alla revisione delle “tax expenditures”: la legge delega era prevista per aprile, e faremo di tutto per rispettare i tempi. E accelereremo anche sulle semplificazioni e la digitalizzazione della Pubblica amministrazione. Non arretriamo su nulla, anzi rilanciamo».
Sarà dura. La Borsa ha già bruciato 15 miliardi, lo spread sfiora quota 180. Non è preoccupato per questo?
«È normale che ora ci siano tensioni sui mercati. Ma per quanto ci riguarda siamo abbondantemente entro i margini di sicurezza».
Nell’azione di contenimento dell’epidemia però il Sistema-Paese non ha brillato. A partire dal premier e dal governo. Prima la sottovalutazione, poi la drammatizzazione.
«Non sono affatto d’accordo. Il presidente Conte ci ha messo la faccia, con messaggi chiari e trasparenti. Così hanno fatto il ministro Speranza e il Capo della Protezione Civile Borrelli. Siamo di fronte a una sfida nuova, di fronte alla quale dobbiamo essere rigorosi e al tempo stesso sereni».
Se si trattava di evitare il panico, diciamo che i governatori non vi hanno aiutato, tra Fontana che si è messo la mascherina e Zaia che ha visto i cinesi mangiare i topi vivi…
«Non mi faccia polemizzare. In questo momento servono serietà e sobrietà. Auspico che tutti coloro che hanno responsabilità politiche e istituzionali se ne rendano conto».
Provi a spiegarlo a Salvini, che è andato da Mattarella a chiedere la cacciata di Conte e il “governissimo” con tutti dentro.
«Voglio essere chiaro su questo: non ci sarà nessun governissimo. Quando c’è un’emergenza non si cambia il governo, semmai si collabora per affrontarla con maggiore coesione. Nelle democrazie normali funziona così, e anche l’Italia deve esserlo. Il governo Conte arriverà alla fine della legislatura, e la maggioranza è solida a dispetto delle polemiche dal sapore antico. Mai come oggi i cittadini ci chiedono stabilità: abbiamo il dovere di assicurargliela, se vogliamo rendere un buon servizio al Paese».