Che il leader del maggior partito italiano, scortato da folla e telecamere, suoni al campanello di un diciassettenne tunisino a dargli dello spacciatore, senza sapere nulla di lui, se non per sentito dire nella ronda serale, e che tutto questo sia stato fatto passare per una bravata da una buona maggioranza, non dice più nulla di Salvini ma dice molto del Paese che stiamo diventando, una terra di conquista per unni e visigoti ad honorem.
Silvio Berlusconi, il liberale, il nemico della giustizia sommaria, ha detto vabbè, Salvini forse si poteva contenere, ma il problema della droga è molto grave, un po’ come dire che, siccome il problema della mafia è grave, si può citofonare a Berlusconi a dargli del compare di Riina. Gli altri di Forza Italia zitti.
Tutti zitti, col loro garantismo on demand. L’ultimo nordafricano di cui si sono occupati, Costituzione e codici alla mano, in nome della civiltà giuridica eccetera, è Ruby Rubacuori. Ma il bello deve venire. L’Ambasciata tunisina ha protestato ufficialmente, e una frotta di leghisti ha risposto di non rompere tanto le scatole, che comunque di tunisini spacciatori qui sono piene le galere. Come il marchese del Grillo che non voleva pagare il lavoro dell’ebanista Aronne Piperno perché «tu sei giudeo, e i tuoi antenati falegnami hanno fabbricato la croce su cui è stato inchiodato Nostro Signore Gesù Cristo. Posso esse’ ancora un po’ incazzato?». Una logica stringente: andiamo a mettere stelle gialle con scritto spacciatore sui citofoni di ogni tunisino. Lo si dice anche perché fra poco è il Giorno della Memoria. Magari ci ricordiamo pure di questo.