C’era una volta una Banca…

‘Stat Roma pristina nomine, nomina nuda tenemus’.

Dopo aver visto la puntata di ‘Report’ di domenica scorsa, mi sono venute in mente queste parole, tratte dal ‘De contemptu mundi’ di Bernardo di Morlay, monaco di Cluny vissuto nel sec. XII, ma rese ancor più note da una citazione di Umberto Eco, che con una lieve variante le ha poste a chiusura del suo capolavoro, ‘Il nome della rosa’. Facendo le dovute associazioni e trasponendo il distico a quanto avevo visto poco prima in TV, mi è venuto da pensare: ’C’era una volta una Banca, ora ne resta solo il nome…’. Ironia della sorte! Tutto questo sta succedendo nella città che non solo ha visto nascere e prosperare la Banca più antica del mondo (540 anni di storia, mica bruscoli!), ma che per giunta ospita nel suo Palazzo comunale gli emblemi simbolo della difficile prassi del governare”: gli affreschi con l’allegoria del ‘Buon Governo e del Cattivo Governo’ di Ambrogio Lorenzetti. Ci sarebbe da ridere, dico io, se non ci fosse da piangere… Ricordo benissimo la prima volta in cui ho visto quegli affreschi, in particolare quelli del ‘Buon Governo’: una pioggia di colori, un vortice di immagini mi cadevano addosso dall’alto, giungendo a me da un tempo indefinibile, trascinando con sé secoli di storia e la visione di una città reale e fantastica al tempo stesso, fitta di spazi aperti e chiusi, cinta tutto intorno da una distesa di campagne; ed ecco venirmi incontro l’eco lontana dei contadini piegati nei campi nella stagione della mietitura; i ragionamenti dei commercianti dediti ai loro traffici; il passo dei cavalieri erranti di ritorno da imprese e terre lontane; i cori delle fanciulle festanti in vesti policrome e i bisbigli degli studenti assiepati sotto le logge delle scuole coi loro ‘magistri’. Come sembrano lontani, oggi, quei tempi, quegli anni in cui ‘Senesità’ voleva dire soprattutto ‘coralità’. Un’epoca in cui le voci di un intero popolo si levavano alte (nella realtà della vita, come nelle ‘imagines’ dell’arte) diventando la voce di un’unica e coesa città: ‘vox populi, vox Dei’ (voce del popolo, voce di Dio). Mille anni di storia, in cui – pur con alterne vicende – Siena ha saputo tener fede a quel mutuo patto celebrato tra ‘governanti’ e ‘governati’, un patto che uscendo dalle carte e dalle pergamene delle Biccherne si è fatto prima colore e intonaco, poi muro e Palazzo e infine Città e Cittadinanza, restando per sempre cristallizzato sulle pareti del suo edificio-simbolo. Sotto gli occhi di tutto il mondo, ombelico stesso del mondo, atto di fondazione della sua stessa civiltà. Una città straordinariamente unita anche nella divisione, cioè nel momento dell’agone, quando i contradaioli e i loro fantini scendono in campo per contendersi uno stendardo di panno dipinto, coscienti del fatto che le varie contrade traggono la loro ragione d’essere dall’esistenza delle avversarie, incarnazione stessa di una forma di mutuo rispetto e reciproco riconoscimento. Ma alla fin fine, tutti uniti nella propria autocelebrazione e nella ricomposizione della propria identità, rinserrati nel grande abbraccio di Piazza del Campo, che ogni anno accoglie il suo popolo pronto a rivivere e introiettare quell’esperienza unica, fatta di ‘concordia discors’, che risponde al nome di Palio. Poi cos’è successo? Avete distolto gli occhi da quegli affreschi solo per pochi anni (quanti, forse una decina?), dimenticando di colpo cosa siete e cosa siete stati! Avete peccato di ‘ybris’, direbbe Eschilo… Avete creduto di essere talmente ricchi e potenti, talmente uniti nel vostro essere ‘differenti’, da poter abbassare gli occhi e dimenticare quelle immagini senza correre alcun rischio di ‘rottura’ col vostro passato. Errore gravissimo!

Eppure i vostri ‘maiores’ vi avevano avvertito: non vi hanno lasciato solo le immagini degli effetti del ‘Buon Governo’, ma anche quelle del ‘Cattivo Governo’, una sorta di ‘memento’ imperituro di ciò che accade quando etica, deontologia, prudenza e giustizia vengono a mancare, spazzate via dalla logica del profitto, dai particolarismi e dai giochi di potere. Ma per un’amara coincidenza, il tempo si è preso gioco di voi: si è lentamente ‘mangiato’ quella parte di muro in cui il diavolo bicorne se la ride assiso tra i peggiori mali del mondo; ha fatto cadere vari spezzoni di quel ‘fresco’, ne ha sbiadito le immagini, le ha rese confuse e inintellegibili, facendo calare l’oblio su cosa sarebbe successo qualora quell’antico patto fosse stato tradito, se quel mutuo contratto tra ‘governanti’ e ‘governati’ fosse stato in qualche modo disatteso. Complici il tempo e l’incuria, avete perso di vista quel pannello e l’invito alla prudenza e al rigore in esso insito. E avete dimenticato cosa vuol dire essere ‘Senesi’ e l’arte antica della prudenza; avete dimenticato cosa vuol dire attendere alla ‘res publica’, avere come obiettivo il bene comune e del popolo tutto. Andate, ora, a rivedere quell’affresco, quello del ‘Cattivo Governo’, ricomponetelo con attenzione, o meglio cercate di intravedere, tra le macchie di colore rimaste intatte tra le chiazze dell’intonaco riemerso, cosa vi aspetta a lungo termine, se non farete qualcosa per recuperare le vostre origini e per riesumare quel patto celebrato tanto tempo fa da coloro che vi hanno preceduto e che ancora oggi vi fissano con occhi severi da uno spazio indefinibile posto tra ciò che fu e ciò che sarà. Per una beffa del destino, quel frammento di passato mai avverato e parzialmente scomparso dal muro (e perciò, a torto o a ragione, imprudentemente ignorato) rischia di diventare la proiezione del vostro futuro, anzi è già parte del vostro presente. Restaurate bene quella parte dell’affresco nella vostra memoria, perché resti ben visibile ben presente ai vostri occhi, rimiratelo giorno e notte, perché è da esso che dovrete ripartire per prendere coscienza dei vostri mali e delle vostre responsabilità, nonché per ricostruire la vostra identità sociale e un ‘sogno’ di Moralità. Alla fine il Buono e il Cattivo Governo sono le due facce di una stessa medaglia e, a volte, è quasi inevitabile fare un po’di male in vista di un bene superiore. Ma a coniare quella medaglia e a segnare il limite estremo tra il bene e il male è soltanto la volontà degli uomini…

(libero contributo)