Sansepolcro in festa per il restauro della «Resurrezione». «Un messaggio di rinascita»
Francesco Caremani
SANSEPOLCRO (AREZZO) La Resurrezione di Piero della Francesca ha ritrovato tutta la sua magnificenza e domani, con ingresso gratuito, sarà possibile ammirarla insieme all’esposizione La seduzione della prospettiva dalle 10 alle 19 nel Museo Civico di via Aggiunti.
Riappare dopo tre anni di restauro attraverso i quali non solo si è recuperata l’opera, che sappiamo dipinta con tecnica mista, ma si è ricostruita anche una parte della sua storia: «Certo, mancano i documenti sulla committenza e sul trasporto che l’hanno portata fino a qui — ha detto la restauratrice dell’Opificio delle Piete Dure di Firenze, Paola Ilaria Mariotti — e solo grazie a un approfondito lavoro archivistico abbiamo ricostruito alcuni passaggi». Realizzata tra il 1450 e il 1470 secondo nuove ricerche documentarie, collocata, sempre in quel secolo, nella sala dei Conservatori del Popolo nel Palazzo della Residenza, più volte riorganizzato, era il vessillo di una città che portava e porta il nome del Santo Sepolcro. «È stato un lavoro di sottrazione — ha sottolineato Paola Ilaria Mariotti — perché abbiamo trovato tutta una serie d’interventi, in buona fede, piccoli o grandi che hanno messo a repentaglio la vita della Resur rezione . In questo scavo all’interno dell’opera e di Piero della Francesca abbiamo riportato alla luce i colori originari, come l’azzurro del cielo o il verde del panno di uno dei soldati che stanno alla base del Cristo». Nella Resurrezione Piero della Francesca ha messo in pratica tutta la sua tecnica pittorica come l’utilizzo dei colori complementari, verde e rosso, perché l’uno potesse dare più forza e risalto all’altro. «La parte più difficile — ha dichiarato Umberto Senserini, restauratore della Soprintendenza di Arezzo, Siena e Grosseto — è stata capire quando fermarsi, dopo avere tolto tutte le sovrastrutture e le impurità. Siamo andati alla ricerca dell’essenza di Piero della Francesca, nel massimo rispetto della sua arte». Un’opera che rivede la luce e i colori grazie al mecenatismo di Aldo Osti, ex manager della Buitoni che vive a Lugano, ma che ha lavorato a Sansepolcro, dove ieri è tornato. Lui ha donato 100.000 euro, altri 140.000 ce li ha messi il Comune, più il lavoro del ministero dei Beni e delle attività culturali, dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, e anche un altro finanziatore: Giovanni Sarti. Intorno alla Resurre zione , infatti, c’è stato anche un lavoro di messa in sicurezza antisismica dell’immobile insieme con un settaggio della luce preciso, sia nel colore che nel calore, per rispettare il microclima perfetto per la conservazione della stessa. Una luce, che rispettando la prospettiva, arriva da sinistra di taglio e che, dopo la chiusura del Museo, resterà a illuminare l’opera che i passanti potranno ammirare dalla strada, grazie al portone che resterà aperto fino a mezzanotte: «È una giornata storica — ha affermato ieri alla presentazione il sindaco di Sansepolcro, Mauro Cornioli — che ridà al Borgo e all’umanità intera una delle opere più belle e importanti della storia dell’arte. Sperando che sia un messaggio di rinascita per la città e la terra di Piero».
Il capolavoro di Piero, come ebbe a dire Giorgio Vasari, ha regalato emozione ed emozioni: «In questi tre anni di lavoro — ha ricordato Paola Refice, responsabile della Soprintendenza per la provincia di Arezzo — ogni giorno è stato una scoperta, non solo della Resurrezione ma dell’opera di Piero della Francesca, che dovrebbe ricordarci quanto sia importante per tutti noi l’educazione civica».
«Adesso — ha aggiunto Cecilia Frosinini, direttrice del settore Restauro Dipinti Murali e Stucchi dell’Opificio fiorentino — dobbiamo impegnarci nella manutenzione ordinaria di un capolavoro che viene da decenni di abbandono, non è un caso che il verde del paesaggio sia andato quasi del tutto perduto. Ma è anche un messaggio dell’arte, dove la bellezza non risiede solamente nella perfezione e nel colore brillante». La Resurrezione , restaurata, appartiene al tempo, per fortuna anche al nostro.