di Paolo Ermini
Può succedere che nell’arco di 48 ore il governatore Rossi rilanci la possibilità di stringere con il Pd un patto forte di governo per la Toscana e poi mandi a stendere il segretario dello stesso Pd che alla conferenza programmatica del suo partito a Portici ha aperto a un accordo elettorale con Mdp, il neopartito di Rossi, in vista delle politiche? La risposta è sì, anche perché è quello che è successo nel fine settimana, ma forse la concatenazione dà qualche spunto di riflessione. Grande è la confusione sotto il cielo della politica italiana. Senza eccezione alcuna. Il braccio destro della sindaca di Torino costretto a dimettersi per aver chiesto la cancellazione della multa di un suo amico è la conferma che con il loro moralismo i Cinquestelle possono acchiappare molti voti fra gli arrabbiati d’Italia (tanti, e a ragione), ma senza alcuna garanzia di buon governo (e ormai le riprove cominciano a essere univoche, da Roma a Livorno). Il leader di Forza Italia annuncia al Paese che serve una rivoluzione. Pari pari, quello che prometteva una ventina di anni fa, prima che cominciasse la lunga stagione del centrodestra al potere, che tutto ha prodotto tranne che una rivoluzione, in un’Italia sfilacciata e scettica, spinta avanti silenziosamente dal talento dei singoli, dal coraggio di tanti imprenditori e dalla passione e dal senso del dovere di tanti professionisti o semplici lavoratori, dalla scuola alla sanità. Ed è sempre Berlusconi che si proclama nemico numero uno dei grillini mentre il suo alleato Salvini dichiara che la Lega non esclude larghe intese dopo le elezioni, però con i Cinquestelle, non con il Pd. Nel centrosinistra Matteo Renzi è impegnato a recuperare il consenso perduto, ma soprattutto a garantirsi alcune decine di seggi nel nuovo Parlamento, che non darà a nessuno una maggioranza autosufficiente. Una scelta che ha portato all’ultima riforma elettorale, il Rosatellum, aspramente avversata dagli scissionisti del Pd. Un quadro nel quale le aperture dell’ex premier a possibili intese elettorali sono state accolte dalla ditta Speranza-Bersani-Rossi con un secco «no grazie, troppo tardi».
La Toscana dunque sembra andare controcorrente. Nessuno vuole fare cadere la giunta regionale nonostante lo strappo nazionale a sinistra. E Rossi si è incuneato tra tensioni e malumori offrendo un rinnovo dello status quo basato sulle grandi opere: il tunnel della Tav a Firenze e l’ampliamento di Peretola. Un boccone indigesto per la Piana e anche per il partito del governatore.