ILARIA CIUTI
VENTICINQUE anni di storia in un territorio rappresentato ieri, per la celebrazione dell’anniversario della Fondazione Cassa di Risparmio, da una storia ancora più lunga di cui sono testimoni Michelangelo e Vasari nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio. Eppure protagonista è il futuro. Se ne rallegra, perfino stupita, una spiritosa Serena Dandini che conduce i tanti interventi di chi, da dentro e da fuori, ha vissuto questi anni di 663 milioni investiti sul territorio, con 17 mila interventi e 4.000 soggetti beneficiari. Con un patrimonio che al contempo cresce dai 639 milioni del 1992 ai 1.629 del 2016, come spiega il direttore generale della Fondazione Gabriele Gori. Investimenti ricorda, «principalmente su arte e cultura, solidarietà e istruzione, formazione e ricerca scientifica». Con vari progetti in cantiere, primo tra tutti «la rigenerazione del Granaio dell’abbondanza dei Medici utilizzato poi come caserma Cavalli e che diventerà casa per i giovani impegnati nel digitale, con la collaborazione di Ateneo, Città metropolitana, Nana bianca, Confindustria ».
La Fondazione «che ha tagliato il cordone ombelicale con la Banca da cui tuttavia è nata», dice il presidente Umberto Tombari introdotto da Aldo Cazzullo del Corriere della Sera, vale perché ha risorse da investire «ma non è un bancomat, è una fucina di idee che non investe più su progetti imposti dall’esterno a seconda delle congiunture ma su propri progetti strategici per Firenze ». La novità sarà trasportarli anche sul territorio nazionale a vantaggio delle imprese: «I segnali di ripresa arrivano ma bisogna essere pronti a intercettarli ». Nè la Fondazione potrà fare da sola: «Dobbiamo cooperare con altri soggetti istituzionali, ma soprattutto con i privati, fino a usare il crowdfounding per accrescere il patrimonio».
È il sindaco Nardella che sottolinea il momento magico di Firenze «in cui tutte le istituzioni che stanno lavorando in grande armonia aprendosi al futuro». Accanto a lui, chi ha erogato, chi ha ricevuto e chi ha collaborato. Iniziando dal saluto, via video, del fondatore Lapo Mazzei. Proseguendo con Donatella Carmi, che interviene «con due capelli», quello di vice presidente della Fondazione ma anche di presidente di File. Due cappelli uniti dallo «stesso valore di responsabilità verso gli altri, ereditato da mio padre Alberto Carmi, il primo presidente della Fondazione dopo Mazzei».
Il demografo Massimo Livi Bacci, ora socio e prima consigliere della Fondazione, ne sottolinea il ruolo nell’accrescimento di conoscenze e competenze, le uniche in grado di governare i grandi cambiamenti del nostro mondo. Molti appalusi vanno all’affascinante intervento del ventennale soprintendente di Firenze, Antonio Paolucci che descrive con l’esperienza ma anche l’emozione che le rende percepibili come se fossero presenti, le bellezze artistiche della città recuperate dalla cooperazione soprintendenza- Fondazione, a cominciare da Villa Bardini.