REGGIO EMILIA L’ultimatum arriva a sorpresa e strappa l’applauso ai militanti di Sinistra Italiana, tra le bandiere rosse e le magliette con Che Guevara: «Se il nostro voto è determinante non puoi pensare che noi reggiamo il moccolo mentre tu fai la legge elettorale con Salvini…». La bozza di legge elettorale a dir poco lo disgusta e Massimo D’Alema cerca gli aggettivi più efficaci per stopparla: «È una legge mostruosa, un pasticcio, una porcheria, un obbrobrio che consegna il Paese alla destra. Una follia. Pur di fare del male a noi il Pd produce del male anche a se stesso». Il messaggio è chiaro. Se il nuovo testo passa, Mdp staccherà la spina a Gentiloni.
A Reggio Emilia, accolto da Nicola Fratoianni, D’Alema arriva per un confronto con Fabio Mussi, suo compagno di stanza (e di scorrazzate in moto) ai tempi della Normale di Pisa. L’abbraccio a dieci anni dalla scissione di Sinistra democratica è da foto ricordo, ma quando da Imola filtrano le dichiarazioni di Giuliano Pisapia l’ex premier sfoga tutto il suo fastidio per come la stampa lo rappresenta: «Mi sono stufato di fare la parte del cattivo, dello sfasciacarrozze… Dove sarebbe la differenza di linea tra noi? Io sono uno studioso di Pisapia, è dal primo luglio che stiamo dicendo le stesse cose».
Per una sera sembra davvero così e D’Alema prova a dissimulare la soddisfazione quando gli riportano le frasi di Pisapia. «L’unica svolta possibile è che il Pd guardi a sinistra e non a destra, dicendo apertamente che non è autosufficiente e che il candidato non sarà il segretario del Pd — è la frase che fa scoppiare la pace a distanza — Se vogliono la coalizione facciano le primarie».
Cento chilometri separano Reggio Emilia da Imola e D’Alema intende azzerarli a colpi di notizie: «Entro novembre avremo il nome e il simbolo e alle elezioni ci presenteremo nella stessa lista». Il presidente di Italianieuropei guarda oltre le urne e conferma il traguardo di «una nuova forza politica che non sia soltanto un cartello di sigle». E allora basta con le polemiche, basta con «i litigi e i pettegolezzi inutili».
Pisapia, scandisce più volte D’Alema, ha parlato di una formazione politica alternativa al Pd, di discontinuità di politiche e di leadership: «Poteva dirlo impugnando la sciabola, lo ha detto con garbo ma è un discorso assolutamente chiaro». E quando Alessandro De Angelis gli chiede se dopo il voto sarà possibile un accordo, l’ospite d’onore frena: «Oggi non ci sono le condizioni per una alleanza con il Pd». Ma attenzione alla frammentazione di liste e di gruppi «che litigano attorno al baratro del 3 per cento», avverte, perché se si crea «distacco e disgusto si rischia seriamente un Parlamento nel quale la sinistra non ha voce».
Prevede per il Pd «una disastrosa sconfitta in Sicilia», assicura che gli ex ds non sono «usciti dal partito personale per fare un partitino personale» e scaccia via ombre e dubbi sulla leadership: «La scelta di Pisapia non ha il segno sgradevole della prevaricazione, può rappresentare al meglio tutte le sigle. Ma è evidente che l’esercizio di questo ruolo passa per una collegialità. Penso a un capolista, un primus inter pares. Quella del candidato premier è una finzione». Da Roma arriva la notizia che Anna Finocchiaro è pronta a «chiudere in pace» la sua esperienza parlamentare se riuscirà a far approvare lo ius soli. Ma è ad Andrea Orlando che D’Alema ha voglia di inviare un saluto: «Qualcuno che abbiamo svezzato malamente ci ha chiamati gruppettari ».
Monica Guerzoni
- Giovedì 21 Settembre, 2017
- CORRIERE DELLA SERA
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