Ho vissuto le stesse cose, nello stesso periodo. Andavamo alla medesima scuola la Lante della Rovere.

Veltroni: “La mia vita a Villa Borghese”.

ESTATE CON NOI/ IL LUOGO DEL CUORE TRACALCIO, POLITICA E L’AMORE PER LE ARTI
COME Nino di Francesco De Gregori, che «cammina che sembra un uomo con quei tacchetti di gomma dura». Sì, Walter Veltroni, nella sua villa del cuore, la regina dei parchi, Villa Borghese, ci giocava a pallone da piccolo. «A Parco dei Daini, vicino al chiosco della grattachecca di via Raimondi, ci sono cresciuto, tra il Giardino Zoologico, che ancora non si chiamava Bioparco, e piazza di Siena. È lì che vedevo passeggiare Aldo Moro e padre Mariano, è lì che negli anni Sessanta Gassman mise in scena un “Adelchi”». Ma nella sua mente villa Borghese è un topos che dura nel tempo. «È stato – continua – il mio luogo per riflettere, per prendere decisioni. La mia famiglia ha sempre abitato al Salario. E a piazza di Siena ci furono anche le prime manifestazioni del Sessantotto».
INSOMMA il giovane Walter non si scorda del suo amore quando nel 1996 diventa ministro dei Beni culturali e dall’inizio degli anni Novanta la Villa era un cantiere invivibile per i lavori alla Galleria Borghese che l’avevano tagliata in due.
«La Galleria era chiusa da sedici anni – continua Veltroni – andai a fare un sopralluogo e la riaprimmo il 26 giugno del ’97 liberando l’area dalla morsa dei lavori infiniti». Erano i tempi dei grandi progetti, della rinascita come musei archeologici di Palazzo Altemps e Palazzo Massimo, per dirne una.
«Ho sempre pensato che Villa Borghese fosse il parco culturale più importante del mondo. Nel raggio di una breve passeggiata ti godi il tramonto al Pincio, un Van Gogh alla Galleria nazionale d’Arte moderna, un Caravaggio alla Borghese e poi il Bioparco. Così appena fui eletto sindaco, partì il progetto. La Casina delle Rose ancora me la ricordo. Era un rudere, cumuli di macerie, rifiuti, escrementi.
Domandai come si volesse riutilizzarla. Mi dissero che volevano farci un museo delle copie delle statue della Villa. Alla fine puntai sulla Casa del Cinema. E ancora adesso sono felice di vedere migliaia e migliaia di persone che frequentano l’arena o il bar e il ristorante e le sale delle mostre».
Poi viene l’altra mossa del cavallo, il Globe Theatre, un vero e proprio teatro elisabettiano ricostruito con il legno.
«Era stata un’idea di Gigi Proietti, un gioiello di teatro classico, il merito è tutto suo. Ci furono le solite polemiche, ma poi fu un successo».
La Villa Borghese amata da Veltroni è una specie di puzzle di idee. «Nella Casina di Raffaello, quella affacciata su piazza di Siena – continua – abitava da decenni una famiglia che pagava un affito irrisorio, posteggiava la macchina nel parco e faceva colazione affacciata su quello spettacolo. Demmo lo sfratto alla famiglia e adesso la Casina è una ludoteca per bambini e ragazzi». Lui ripete sempre che non crede che esistano al mondo tanti posti paragonabili a Villa Borghese, che alla fine è anche vicina all’Auditorium.
«L’idea – spiega – era quella di una grande area culturale e ambientale, con i giardini riaperti dopo anni di degrado, con i disegni originali, il verde, l’irrigazione».
E parla di un «rinascimento romano». «Riaprimmo l’arancera, spostando gli uffici comunali, nacque il Museo Bilotti, con le opere del collezionista e una sala per esposizioni, rifacemmo la segnaletica e rilanciammo l’idea della forma a cuore della villa con il soprintendente Eugenio La Rocca e Alberta Campitelli. Intitolammo una strada a Gassman e la Casa del Cinema a Mastroianni. Riaprì la Casina Valadier e aprimmo il Caffè delle arti alla Galleria nazionale d’Arte moderna».
Poi Veltroni ricorda l’opera di una paladina della Villa, Suso Cecchi D’Amico, lo spettacolo di Giorgio Barberio Corsetti, il concerto a piazza di Siena, Siamo tutti brasiliani, quello di Paul Simon, l’altro di De Gregori. «E non fu rovinato neppure un mattone, non rimase nemmeno una scritta».
Ma la Villa per lui è ancora un «fatto privato». «Una mattina quando ero ragazzo ero spaventatissimo per un esame. E allora andai al Parco dei Daini in bicicletta alle sei del mattino per calmarmi. E lì trovai la forza per superarlo».
La Repubblica –