di Massimo Franco
La piega che sta prendendo l’alleanza tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini disegna un «centrodestra della ruspa»: l’oggetto che il Carroccio ostenta come strumento di pulizia antigovernativo e anti-immigrati. È a trazione leghista non solo numericamente ma sotto il profilo politico. Fa impressione ascoltare esponenti tradizionalmente moderati di Forza Italia, ormai schierati compattamente su una linea che smentisce almeno alcuni toni prudenti del passato e dà il segno di una deriva radicale: una scelta probabilmente inevitabile quando si decide un’opposizione senza riserve al governo; e se ne additano le debolezze..
D’altronde, i numeri alle Regionali ed ai ballottaggi li sono sbilanciati a favore della Lega. L’emergenza dell’immigrazione, lo scandalo di Mafia Capitale e l’atteggiamento del governo di Matteo Renzi facilitano una strategia del muro contro muro. Rimane da capire quali effetti tutto questo avrà in termini di sistema. L’impressione è che il patto Lega-FI spingerà sempre più il Nuovo centrodestra di Angelino Alfano nelle braccia di Renzi, quasi di rimbalzo. L’alleanza di fatto, quasi necessitata degli ultimi due anni diventerebbe qualcosa di più politico, usando come discrimine la difesa del sistema contro chi punta a scardinarlo. È possibile che questo preluda ad una modifica del sistema elettorale. L’idea berlusconiana di un nuovo contenitore non funziona. Bisognerà dunque dare forma ad una coalizione; e fare in modo che il sistema elettorale la premi. Significa che bisogna aspettarsi una pressione per modificare l’Italicum.
Per come è stato congegnato, s’è visto che il nuovo sistema elettorale non garantisce al ballottaggio la vittoria del partito di Renzi. Anzi, il voto locale ha detto il contrario: il premio alla lista di partito si sta rivelando di colpo una trappola che fa vincere ora il Pd, ora M5S o centrodestra, entrambi contro la sinistra. Si potrebbe scivolare verso una soluzione diversa: seggi alla coalizione che prevale. Berlusconi e Salvini sono d’accordo. E la ragione è semplice. «Il programma è chiaro: uniti si vince», spiega Renato Brunetta, capogruppo di FI alla Camera. Almeno in questa fase, si tratta di una strategia che va bene all’ex Cavaliere, soprattutto.
Gli permette di velare il declino, e di insidiare il primato renziano dopo la rottura del patto del Nazareno. Ma è vero che sull’economia e nell’umore antieuropeo, Carroccio e FI sono vicini. E sul piano internazionale condividono un’identica ammirazione per il presidente russo Vladimir Putin. La novità è l’immigrazione: è lo scivolamento berlusconiano su posizione «leghiste». Brunetta vede la possibilità di «convincere la grande folla degli astenuti a tornare a scegliere». Eppure, ha l’aria di un’alleanza tattica, non strategica, per la quale l’Italia pagherà un prezzo.