David LaChapelle, The Holy Family with S. Francis, 2019 Hawaii. ©David LaChapelle |
Questa settimana la pagina domenicale dell’arte di Domani è dedicata a David LaChapelle, artista, filmmaker e fotografo americano. L’aspetto del lavoro di LaChapelle su cui mi sono soffermato nel mio articolo è il suo costante riferimento alla storia dell’arte, all’iconografia religiosa e alla centralità della natura, nella quale vede la manifestazione tangibile del divino. Il desiderio di un maggiore contatto con la natura ha portato l’artista a trasferirsi a Maui, nelle Hawaii. Dal 2003, a partire dal ciclo Jesus is My Homeboy, nell’iconografia di LaChapelle ricorrono figure religiose, quella di Gesù in particolare. In quei lavori questa Gesù è presentato nel contesto urbano nordamericano, ma mantiene le caratteristiche dell’iconografia classica. I riferimenti al Vangelo sono espliciti – Gesù nel tempio, la peccatrice che lava i piedi a Gesù, l’Ultima cena – ma i personaggi che lo attorniano vengono dalla cultura rap e hip hop. Nei cicli successivi LaChapelle tende a creare delle figure sincretiche nelle quali, per quanto ci sia un immediato rimando alla figura di Cristo o della Vergine, emergono riferimenti a culture religiose diverse. |
David LaChapelle, Our Lady of the Flowers, 2019, Hawaii. ©David LaChapelle |
Nel mio articolo mi soffermo su diversi lavori del nuovo corso, come Our Lady of the Flower (2018), una divinità femminile che, come la Vergine Maria, schiaccia un serpente con il piede su una sfera. Ha la pelle nera, indossa una veste bianca e un manto azzurro ed è coperta di ghirlande di fiori. Immersa nella natura, solleva la mano destra nel gesto del Cristo benedicente. Nello stesso tempo questa figura ricorda un giovane Buddha, ma anche la dea Flora nella Primavera di Botticelli. Quanto basta per comprendere che nell’immaginario di LaChapelle convivono modelli iconografici e esperienze religiose riconducibili a culture diverse. |
David LaChapelle, Gas: Shell, 2012, Hawaii. ©David LaChapelle |
Un altro aspetto del lavoro di LaChapelle è l’impegno ambientalista, particolarmente evidente nel ciclo delle Gas Station, realizzato tra il 2009 e il 2014, che raffigura paesaggi industriali, raffinerie o centrali nucleari che possono apparire reali nonostante siano modellini costruiti con bigodini, barattoli, bombolette, lattine, cannucce, cartoni e contenitori di plastica. Le fotografie di questo ciclo mettono l’accento sulla lotta tra lo sfruttamento delle risorse della terra che non tiene conto delle conseguenze e il tentativo di ristabilire un equilibrio. L’immagine si traduce in chiave allegorica nella lotta tra il bene il male, altro soggetto delle rappresentazioni religiose caro a LaChapelle. All’artista adesso il Mudec di Milano dedica una mostra curata da Denis Curti e Reiner Opoku. |