Mostra dopo mostra, raccolta dopo raccolta di fondi documentari, libro dopo libro, L’Archivio dei Movimenti di Genova, liberamente consultabile (www.archiviomovimenti.org) svolge una preziosa opera di memoria e testimonianza. Non serve solo a contrastare l’insipienza di un presente tutto declinato su un’asfissiante e vacuo bombardamento di immagini, suoni, video, un «tutto», come diceva Giacomo Leopardi, che è «padre del nulla».
SERVIRÀ anche agli storici del futuro, a chi si vorrà fare un’idea meno rozza e approssimativa di una serie di decenni tumultuosi e vitali che, tutti assieme, formano una sorta di lunghissimo ’68 delle coscienze e delle vite. L’archivio fa, con calzante espressione anglosassone, «public history», storia collettiva che è presenza militante. Quest’ultimo aggettivo si trova nel titolo scelto per una mostra che è anche titolo di un libro a testimonianza della stessa, tenutasi a Genova a Palazzo Grillo, Le stagioni della fotografia militante 1960 – 2020 (euro 25) volume con la curatela di Paola De Ferrari, Giuliano Galletta, Adriano Silingardi. Il mezzo secolo scelto per raccogliere gli scatti cruciali e necessari di molti fotografi che hanno saputo «essere sul posto» con la macchina a tracolla, quando è stato necessario, è ben indicativo di una volontà di ricucire il filo della storia «altra», continua, dipanata su mille sfaccettature del quotidiano.
UNA STORIA che scorre troppo spesso sottotraccia, rispetto all’agenda setting dei potenti e ai titoli gridati da media sempre più disposti a cavalcare l’onda del rancore sterile che produce populismo. Le fotografie (per la maggior parte inedite, peraltro), qui, come ben racconta in una delle introduzioni Galletta, rovesciano completamente quella logica di «atto predatorio», violento e indiscreto di cui scrisse Susan Sontag, e che ritroviamo in altri approcci anche ora: quelli della «spettacolarizzazione» a tutti i costi, pietistica o agiografica che sia.
Le fotografie qui, come dice Sergio Luzzato «rompono ogni separatezza con il proprio oggetto, condividono il vissuto dei propri personaggi» consentono ai fotografi stessi di «condividere il vissuto dei propri personaggi, di diventare essi stessi, grazie al tempismo dei e all’eloquenza dei loro scatti, soggetti di storia».
COLGONO UN ATTIMO che è già storia: ad esempio Pietro Tarallo (che firma anche il saggio introduttivo Fotogrammi di memoria), oggi affermato saggista di viaggio, che coglie nel 1974 Primo Levi in una manifestazione antifascista mentre regge uno striscione. Oltre agli scritti citati, ne troverete anche uno di Liliana Lanzardo sulla fotografia militante in Italia, uno di Monica di Barbora, Fotografie e femminismo, e infine a conclusione del lavoro un prezioso intervento di Luciano Zuccaccia, fotografo, curatore editoriale, e specialista di libri fotografici, che incardina al corpo principale del volume una Biblioteca della fotografia militante internazionale, con riproduzione di copertine dei testi.
Gli scatti qui compresi, in un range entusiasmante che spazia dal crudo e nebbioso bianco e nero degli scatti operai a Tornio allo scorcio dei ’60, fino al colore vivo delle più recenti manifestazioni dei Friday for future sono opera di Giorgio Bergami, Lisetta Carmi, Edoardo Ceredi, Anna Ducci, collettivo Freaklance, Angelo Gandolfi, Cesare Gavotti, Vladia Ghillino, Dari Lanzardo, Riccardo Navone, Giò Palazzo, Mario Parodi, Paola Pierantoni, Mauro Raffini, Mirella Rimoldi, Roby Schirer, Adriano Silingardi, Pietro Tarallo, Luigi Valente, Franco Vivaldi.